E' l'estate del 1969 e il primo uomo sta mettendo piede sulla luna. Lavoro senza sosta, non ho molto tempo per guardare la TV. Un vivo interesse per la psicologia Junghiana e la sua simbologia mi porta ad esprimermi attraverso due forme geometriche: il cerchio e il quadrato. Sono in cerca di un mandala, ma ne risulta una serie di collages colorati, di multipli eclissi, di pianeti orbitanti attorno a dei simboli dello yin & yang.Questi primi collages saranno visti casualmente da un gallerista e saranno esposti qualche mese dopo in quanto esempi d'ARTE SPAZIALE. E' soltanto un inizio. Da allora non smetterò mai di lavorare e di imparare anche.
Col passare del tempo i due simboli, il cerchio e il quadrato, si assottigliano sempre più, finché del cerchio non rimane che il centro e del quadrato soltanto il lato: si riducono a PUNTO-LINEA, due elementi minimalisti che mi adotteranno. Mi diverto a ridurre tutto a punto e linea. Per esempio modifico un nome proprio fino a ridurlo a "punto e linea", là dove tutti i nomi si rivelano praticamente uguali, proprio come tutta la materia che li compongono è riconducibile a pochi elementi essenziali.
Intanto la ricerca continua. Nel '73 sono fortemente attratta dal rigo musicale, dall'ineluttabile rigidità delle sue linee, che mi rievocano le immutabili costanti della vita stessa. Ne compro un pacco e lo piazzo sul mio tavolo di lavoro. Sette mesi dopo, come in stato di trance, faccio la mia prima partitura simulata. Da allora in poi scelgo il pentagramma come supporto ideale per le mie prime partiture. Così mi avvio verso un mio personale meta-linguaggio poetico-visuale. Sulla rigorosa e quasi crudele fissità del rigo musicale imprimo una scrittura, inizialmente fatta di "punto-linea" che col passare del tempo diventa più libera e gestuale. D'allora in poi il SUONO diventerà il vero protagonista del mio lavoro, proprio grazie alla sua assenza.
In seguito, si scoglie la rigidità del pentagramma. Questo rigo lo posso trasformare, deformare, romperne la schematicità e avvalermi della sua complicità per "catturare" il suono nascosto delle cose. Dovunque decido di farlo apparire c'è un suono, un ritmo, un mondo da riscoprire: quello di una città, di un albero, di una pianticella, di un oggetto qualsiasi. Ogni volta questi devono cedere un po' del loro mistero, della loro essenza, attraverso un suono da percepire, ma forse - anzi sicuramente - non con l'orecchio.
In fine scopro quasi casualmente "le particelle e la linea ondulata" descritte nella fisica quantistica: queste componenti infinitesimali dell'atomo si trasformano, senza una logica apparente, l'una nell'altra. Proprio come nelle pagine del volume "PUNTO-LINEA" nel quale "il punto" diventava "linea" ondulata e la "linea" ondulata si trasformava in "punto", ogni volta con una logica nuova. Questa scoperta mi riempie di meraviglia: così, nell'arco degli anni, il cerchio e il quadrato iniziali compiono un percorso concettuale dal macro al micro cosmo: prima una riduzione a punto-linea, ma poi a qualcosa di ancora molto più piccolo, in contrapposizione con l'infinito spesso accennato nello sfondo.
Staves for the Hidden Sounds of Things di Betty Danon.
Copyright © 1987 and 2000 by Betty Danon
This is a Cooperative presentation by
Kaldron On-Line and
Light and Dust Mobile Anthology of Poetry